La sera, se il cielo si apre, anche se per tutto il giorno non ha fatto altro che piovere, c’è sempre qualcuno che mette la tenda sulla scogliera dove finisce la strada, magari proprio sull’orlo della scogliera, così la scena è più fotogenica per i tanti che non si arrischiano a campeggiare, ma che arrivano qui con la macchina fotografica a portarsi via un ricordo delle onde che s’infrangono sull’isolotto laggiù, quello dove c’è un cartello scassato che, visto da qui, non dice niente.

La prima sera che ero qui il tempo era quasi bello e sulla scogliera di tende ce n’erano forse cinquanta, come una festa, impossibile scattare una foto di uno scorcio in cui non ci fossero persone, compresa la signora italiana che camminava sugli scogli col tablet in una mano e il guinzaglio del suo piccolo cane nell’altra, e mentre il tablet videochiamava su Skype a tutto volume, con la voce metallica che si sentiva da lontano, e che imbarazzo questi turisti italiani, intanto il cane lasciava qua e là sugli scogli e sul sentiero ricordini che nessuno avrebbe pulito.

La scogliera è alla fine del sentiero che sta dopo il grande parcheggio che sta dopo il tunnel che sta dopo il paese di Å, dove finisce la E10, la strada delle Lofoten.

Ieri sera, alla fine del secondo di tre giorni di pioggia lenta e inesorabile, ma continua, le tende erano solo tre o quattro, e sulla scogliera ho incontrato la panettiera del meraviglioso forno che c’è qui. Ha un paio di giorni di vacanza e i genitori in visita. Inizio a parlare in inglese con tutti e tre alla mia solita velocità prima di rendermi conto che la mamma e il papà non parlano inglese un gran che. Ma tra una cosa e l’altra è una settimana che sono qui (con questo tempo? Mi hanno chiesto due ragazze del posto che mi hanno dato un passaggio col loro furgone oggi) ed è una sensazione magnifica incontrare in giro persone che conosco, fermarmi per due chiacchiere. Ormai ho dimenticato di essere in viaggio da sola. Chi è qui si è già scelto ed è normale parlare di fiordi islandesi, aurore boreali, canoe in Alaska e semestri in Sudamerica. Siamo lontani da Henningsvær, dove si arrampica sul granito delle Lofoten, ma quasi tutti quelli che sono qui hanno provato l’arrampicata almeno una volta. Ci sono cene e compleanni e ben tre crostate impastate e infornate nella piccolissima cucina dell’ostello, ci sono racconti di viaggi passati e avventure recenti in autostop e progetti di viaggio futuri che fanno brillare gli occhi, ci sono foto da scattare con le silhouette alla finestra quando si fa (quasi) buio, e ci sono cinnamon rolls, i dolci alla cannella del forno di cui sopra, con cui fare colazione tutti insieme nella mia stanza, la camerata delle ragazze, la più bella dell’ostello. Dalle finestre si vede il mare mai davvero agitato e i pontili e gli edifici rossi in cui i pescatori portano il pesce appena pescato, e il grande edificio bianco che è la casa dei gabbiani di qui, gabbiani più grandi dei piccoli kittiwakes di Røst.

In questa stanza arrivano ragazze che viaggiano da sole e che all’improvviso dimenticano che erano sole. E si parla francese e inglese e italiano e tedesco tutto insieme, o quello che capita man mano che le persone si avvicendano in camera o in cucina. Fuori piove e piove, e piove, e qui dentro non si fa che oziare e gustare questo stare al calduccio e all’asciutto, dopo notti in tenda sotto la pioggia, dopo escursioni nel fango o viaggi in treno in cui ti hanno rubato la tenda (su un treno norvegese, incredibile, si propende per la tesi che qualcuno l’abbia presa per errore, ubriacato dalla bellezza del paesaggio che si vede dal finestrino). In ostello si scruta il meteo alla ricerca di quelle ventiquattr’ore di sole in cui andare a camminare o mettere la tenda in spiaggia, ma le previsioni continuano a cambiare ed è meglio star pronti ad uscire non appena vedi un raggio di sole, o almeno un po’ meno pioggia là fuori, o comunque appena trovi un passaggio in macchina per andare a fare un giro qualche paese più in là.

E allora vado. Ché il tempo sta per cambiare.

Ostello di Å, Lofoten, Norvegia.

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