Esco dal lavoro esattamente ventiquattr’ore dopo l’ultima volta che sono uscita da lì, in scooter, e che ho incontrato sul marciapiede lì fuori un ragazzo con la maglia da arrampicata, e io stavo andando in palestra e avevo lo zaino e le scarpette appese fuori. Ci siamo guardati senza salutarci, anche se ci conosciamo.
Ventiquattr’ore dopo ho ancora quello zaino in spalla. Esco dall’ufficio e un collega mi dice “happy climbing”! Gli dico grazie, ma l’arrampicata era ieri, solo che non sono più passata da casa. Non so bene che giorno della settimana è. Alle sei e mezza di pomeriggio mi capita spesso di essere sotto le coperte a riposare un’oretta. Dormo quando capita, metto la sveglia tardi ma non perdo tempo e sulla scia della felicità arrivo al lavoro in orario, sulla scia della felicità riesco anche a lavorare, andare alle riunioni e avere ragione, fare finta di niente, spingere gli altri a fare finta di niente, mentre attendo la risposta per il mio futuro e la risposta non arriva, non vuole arrivare, sono speranzosa e ottimista col passare dei giorni, ma ormai non importa, il futuro è disegnato, e sono certa di sapere ciò che voglio fare, e sarà bello.
Esco dal lavoro e lo scooter è senza benzina ma non ricorda qual è l’ultima strada che ha fatto, faccio benzina e riemergono discorsi di come certi diesel costosi siano una fregatura, ho milioni di discorsi lasciati a metà in quella specie di nuvola, ho milioni di luoghi e di angoli di Roma in cui ho un ricordo, e di quasi nessuno una fotografia, ma non serve. I momenti si sommano a quelli passati, ma ora è diverso, all’improvviso non devo più fermare il tempo, anzi, farlo scorrere, “egoista e naturale come un fiume che fa il suo corso”. Tempo, stavolta non mi fai paura, non è una lotta, non è una gara, c’è tutto il tempo del mondo.