Sono in incognito. Ho deciso di non rivelare più a nessuno che parlo benissimo inglese, ogni volta che metto piede fuori da questo ostello-enclave britannica e tassativamente anglofona e mi ritrovo improvvisamente catapultata nella realtà, ovvero in territorio spagnolo. E ho deciso di non rivelare neanche che sono italiana, perché gli spagnoli sono gentili, e se provo a parlare la loro lingua nel mio modo ancora stentato, mi dicono di non preoccuparmi, tanto l’italiano lo capiscono benissimo.
Completate in meno di un mese e senza fallire un test le prime trenta ore di corso di spagnolo online, ora in teoria so ordinare al ristorante, leggere le insegne dei negozi, fare la spesa, descrivere la mia famiglia fino al terzo grado di parentela, e la sera per addormentarmi coniugo verbi regolari e irregolari, per ora solo all’indicativo presente. Per ora, in spagnolo, non ho futuro né passato, in attesa di iniziare il secondo livello del corso.
In pratica sarebbe bello avere occasione di mettere in pratica ciò che ho studiato. Qualche sera fa ero immersa nella lettura del mio libro (in italiano, per complicare le cose), quando nella sala comune dell’ostello ho captato una conversazione in spagnolo qualche tavolo più in là. Ho chiuso il libro e mi sono fiondata senza ritegno a chiedere ai due ragazzi, che si sono rivelati essere sì spagnoli ma residenti nel nord dell’Inghilterra, e ti pareva, di fare due chiacchiere porque estoy aprendiendo español, pero aquí se habla sólo inglés. I poveracci mi hanno accontentata e mi hanno intervistata pazientemente per un po’ su chi sono e cosa ci faccio qui, oltre a raccontarmi che secondo loro dovrei andare a fare deep water solo alle Baleari.
Per il resto qui in ostello si parla solo inglese, e non inglese come lingua franca tra gente che lo parla come seconda lingua, ma inglese tra madrelingua, principalmente britannici, come se fossimo a casa loro, con tanto di humour inglese e citazioni di vecchie serie tv che non ho mai visto. Domenica sera. Arriva una coppia che mi tocca accogliere e accompagnare alla stanza, senza preavviso. Prendo a parlare in inglese a gran velocità come se fossero madrelingua. Mi guardano basiti. Gli chiedo da dove vengono. Tedeschi. Ah. Ich spreche ein bisschen Deutsch, “parlo un pochino di tedesco”, gli dico, affermazione imbarazzante perché in realtà sono laureata in tedesco, oltre che in inglese, solo che non lo parlo mai, ragion per cui, prevedibilmente, dopo averli illusi che potevano domandarmi nella loro lingua se potevo procurargli degli asciugamani (Handtücher), li deludo facendomi ripetere la domanda per ben tre volte. Back to square one, si dice in inglese, ovvero forse è meglio se riparto da zero. Ed è meglio se ci parliamo in inglese, piano piano, e sono sicura che ci capiremo. Oppure la prossima volta me la caverò, c’è solo un po’ di ruggine da grattare via. E comunque, sto studiando spagnolo, non tedesco, quindi forse non dovrei essere così severa con me stessa!
Dunque l’obiettivo è quello di fingermi incapace di parlare altre lingue in presenza di spagnoli. In qualunque situazione. Perché è il solo modo che ho di imparare in fretta. Per esempio, dal gommista, vagli a spiegare in spagnolo che non voglio un pneumatico qualsiasi ma proprio uno uguale a quello che mi hanno squarciato. E nell’ipermercato più grande che abbia mai visto, vai a chiedere dove stanno le vaschette per il bucato: ovviamente erano nell’ultimo scaffale dell’ultimo corridoio in fondo, ma prima di cedere ad andare a domandare al punto informazioni ho vagato per mezz’ora domandandomi come si dice in spagnolo vaschetta e come si dice bucato.
In una qualsiasi di queste circostanze, prima di avvicinarmi al bancone, al negoziante, al commesso, rallento il passo, e ripasso mentalmente le due-tre parole che non posso non sapere, per evitare di trovarmi a balbettare malamente al momento di fare la domanda e farmi umiliare con un gentile, ma deciso: possiamo parlare un’altra lingua, se vuoi. Tra l’altro non ho internet sul telefono e non ho installato un dizionario italiano-spagnolo, quindi se non so una parola, spesso, quando mi serve è troppo tardi per cercare di scoprire come si dice.
E così impietosisco commessi e camerieri con il mio spagnolo. Ieri in un negozio mi hanno chiesto il numero di telefono, perché ho ordinato qualcosa che non hanno e mi devono far sapere quando arriverà. Panico. Mi sono dovuta svelare. Ho solo il numero italiano. Non fa niente, mi dicono, ti chiamiamo lo stesso. Aiuto! Al telefono? Capirò qualcosa? Me la caverò? Il primo passo è riuscire a dettargli il mio numero in spagnolo. Potrei scriverlo. Ma no. Ho studiato i numeri fino a mille, anzi in teoria fino a un bilione, e li so anche concordare al maschile e al femminile! Il corso principianti prevede già di sapere tutto questo, ma non mi ha mai fatto esercitare a dettare il mio numero di telefono! Procedo a dettare tremante le quattordici cifre che compongono il mio numero, comprensivo di prefisso internazionale. Con mio grande stupore controllo, l’hanno scritto giusto. Sarà giusto anche l’ordine che ho fatto al negozio? Cosa succederà quando mi telefoneranno? Non potrebbero mandarmi un sms invece? Ai posteri l’ardua sentenza… nel dubbio continuo a studiare e, prometto, tra una decina di giorni mi tuffo in una Spagna degna di essere chiamata tale, dove non avrò più scuse per essere lost in translation.