In quei giorni le fotografie erano quasi del tutto bandite, scattate nei margini, per conservare almeno frammenti di ricordo. Di quei giorni mi erano rimaste quelle immagini di contorno, come se il quadro me l’avessero rubato e fosse rimasta solo la cornice. Altrettanto poco mi restava dei ricordi delle parole, delle conversazioni, forse nella convinzione che, tanto, non erano vere.

Ero andata via senza voltarmi a dare un ultimo sguardo alla spiaggia, forse perché se lo avessi fatto mi ci sarei aggrappata senza più riuscire a proseguire il cammino.

E forse per tutte queste ragioni mi era rimasta la sensazione, il dubbio, che quel posto non fosse esistito davvero. Che quei giorni non fossero davvero accaduti.

E invece la memoria è un meccanismo prodigioso, e ci sono passi che ha senso ripercorrere. D’un tratto ricordo tutto, tutto. Non le parole, ma la musica. Lo stupore di certi cieli. Sapere oggi che quello che chiamavo senso di libertà aveva un retrogusto di claustrofobia, prima ancora che venisse il fango a impedire l’uscita dal pratone in riva al mare.

Non lo sapevo, ma sono venuta a riprendermi la ragazza che avevo lasciato in riva all’oceano, tra le parole che non si potevano usare, tra i vicoli dove si nascondono il vento e i piccoli spacciatori, in quel mare in cui, letteralmente, si confondono le acque.

Anni dopo, è tutto ancora lì, esattamente come lo avevo lasciato, esattamente come non ricordavo che fosse.
Uno scenario talmente bello che se avessi dovuto sceglierne uno per quei giorni che avrebbero fatto la mia storia non avrei potuto trovare di meglio. Quel frammento di costa in cui si interrompe il cemento, in cui la terra dall’altra parte è così vicina da lasciare ben poco all’immaginazione, in cui il resto del mondo quasi lo puoi toccare e qualche volta ne senti addirittura il rumore.

Non conosco terra più vicina al paradiso di questa, al paradiso e all’inferno, bella come nessuna e una volta che è entrata nella tua vita non smetterà mai di tornare nei tuoi sogni e forse nei tuoi incubi. Terra che nutre e innamora, scotta e brucia, ammala e cura, lascia a secco e disseta, sfinisce e riposa.

Non c’entrano i ricordi, c’entra il fatto che ciò che siamo oggi è il prodotto di tutto ciò che siamo stati, anche di ciò di cui non avevamo memoria, e che persino le fondamenta della migliore vita nuova che potessi immaginare contengono anche il fango del pratone e la sabbia di quelle dune e l’acqua di quel mare. E il sole e il cielo più belli che abbia mai visto. Poteva andarmi molto peggio. Nella buona e nella cattiva sorte, ho lasciato una parte di me in un posto che è esattamente come lo ricordavo: la mia versione del paradiso.

Un pensiero su “Le vite che abbiamo in sospeso

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