È da un po’ di tempo che ogni volta che riparto da Bari, appena rimango da sola seduta in aeroporto, iniziano a grondarmi lacrimoni dagli occhi. Stavolta non sono sola, seduta al mio fianco c’è l’amica che è venuta con me dalla Germania e che in quattro giorni si è fatta volere un gran bene dai miei genitori e mi ha detto di sentirsi a casa come se fosse con noi da molto più a lungo. Sarà che l’ospitalità pugliese somiglia tanto a quella dei suoi natii Balcani ed è così diversa dall’amichevole ma più fredda accoglienza tedesca cui siamo entrambe abituate.

In quattro giorni ho visto la mia città, la mia terra e la mia famiglia attraverso i suoi occhi non sempre prodighi di facili entusiasmi, ma in questo caso entusiasti eccome. Ho visto quanto brilla la luce del sole e quanto scotta la pelle rispetto anche al sole delle nostre migliori giornate estive in riva al canale a Münster. Ho visto i vicoli, le calette, la campagna, i paesi intorno a Bari, li ho visti bellissimi e li vedo ancora bellissimi negli sguardi dell’anziana coppia olandese con cappello di paglia seduta accanto a me in aereo e intenta a rivedere le foto della vacanza in Puglia. Li ho visti bellissimi nelle parole dei turisti inglesi con le Peroni sudate in mano sugli scogli di Polignano. Mi sono fatta volere bene anche dal tizio della bancarella di Bari vecchia dove stamattina, dopo che ieri sera la nazionale tedesca si è salvata al novantacinquesimo minuto da una storica disfatta, sono tornata per comprare la maglietta ufficialmente contraffatta di Thomas Müller. Gli ho spiegato che nonostante la maglietta, nonostante la bella e facile vita tedesca, nonostante i fascisti al potere in Italia, a questa terra apparterrò sempre. La maglietta l’ho presa perché trovare nella piazza di Bari vecchia la maglia del mio beniamino del Bayern in versione nazionale tedesca è come unire con un filo i miei due mondi tra cui mi sento divisa.

Lo stesso filo che unisce i miei due mondi ora che qualcuno venuto con me da Münster ha conosciuto ogni angolo della casa in cui sono cresciuta, ha cucinato freneticamente con me in un pomeriggio buona parte di una cena a buffet per venticinque persone, ha bevuto il vino versato copioso da mio zio entusiasta di parlare inglese, ha imparato parole in barese con tanto di spiegazioni in video, ha coinvolto mia madre in più selfie che in tutta la sua vita, si è interessata a statue e scorci e storie della mia terra cui non avevo mai fatto caso, ha imparato che le friselle si servono in tavola intere anche se sono scomode con i pezzi di pomodoro che cadono da tutte le parti e che il caffè con ghiaccio significa che appena ti portano tazzina e bicchiere devi versare il caffè dalla tazzina al bicchiere, in fretta se no il ghiaccio si scioglie.

Mercoledì notte, poco dopo il mio arrivo a Bari, a pochi metri in linea d’aria da noi il papà di un amico se n’è andato via all’improvviso. Giovedì pomeriggio, mentre camminavo lungo il muro del porto antico di Monopoli, ricordavo improvvisamente posti che non vedevo almeno da dieci anni e senza poter mettere fretta alla mia amica che a ogni scorcio diceva “hey, è bellissimo qui!” speravo invano di riuscire a tornare in tempo per dare un abbraccio all’amico che aveva perso il papà, mi sono resa conto che tutto quello che c’era da fare era godere anch’io di ogni scorcio, del chitarrista all’entrata del porto che ci ha fatto la dedica, del gelato da sempre migliore del mondo, e mi sono domandata dove sono stata, in tutti gli anni in cui sono scesa a Bari da Roma per tanti weekend senza mai andare a fare un giro in questi posti che fanno brillare gli occhi ai turisti olandesi, alla mia amica e anche ai miei genitori quando ieri pomeriggio non si sono fatti pregare per venire a fare una gita a vedere i trulli insieme a noi.

No, non mi ero dimenticata com’è bella la terra in cui sono nata. Avevo solo dimenticato che anche se il tempo ogni volta è poco, vale la pena di andare a riempirsi gli occhi di tanta bellezza. Sono esattamente le nove di sera quando l’aereo atterra su suolo olandese a due ore e un quarto di macchina da quella che ormai è la mia casa. Mentre l’aereo atterra, già i lacrimoni sono andati via. Ho così tanto a cui tornare, nella mia meravigliosa città tedesca. Un’infinità di progetti. Persone che mi fanno felice. Un posto che è un crocevia di idee e incontri e culture e che non mi fa mancare nulla. Nello zaino i pomodori del mercato, cinque chili a otto euro e cinquanta. Una busta enorme di pomodori secchi, un vaso di capperi sotto sale, le susine dello zio. Nel cellulare le foto della festa di venerdì sera e gli sguardi felici dei miei genitori. I vicoli di Monopoli e di Locorotondo. L’acqua del mare e i colori delle case intorno alla cala di Polignano. Uscire dopo mezzanotte sotto il diluvio con fratelli, cugina e amica alla fine di una giornata infinita. I miei fratelli meravigliosi come nessuno. Mia cugina forte, orgogliosa, testarda come quando eravamo bambine. Vestiti vecchi lasciati da anni nell’armadio a Bari e ora perfetti per questa sorprendentemente calda estate tedesca. Da casa a casa, la vita continua, e oggi so di essere una persona fortunata, perché finalmente l’amore e la bellezza che mi circondano li vedo a occhio nudo.

Un pensiero su “A occhio nudo

  1. Ho adorato questo tuo articolo. Viaggiare ci apre gli occhi e il cuore in modi nuovi ed inaspettati. Tempo fa, mia madre mi disse che il sacrificio che facevo nell’allontanarmi dall’Italia per cercare lavoro, sarebbe stato ripagato. Non l’avevo mai vista sotto l’ottica del sacrificio e in realtà neppure ora la vivo come un sacrificio perchè adoro la mia nuova casa inglese ma la mancanza della casa italiana e delle persone care e la bellezza delle semplici cose a cui ero abituata a volte è prorompente.

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