No, non farmi andar via. Per la prima volta in due anni non voglio tornare alla mia casa tedesca. Undici giorni in Spagna mi hanno regalato una pelle abbronzata che non ricordavo possibile, tutto il silenzio e la solitudine di cui avevo bisogno, sabbia ovunque, in tutte le scarpe e fin dentro le orecchie, un corso accelerato per “correggere” il mio español mexicano de la calle, un milione di foto, un ballo che avremmo voluto durasse per tutta la notte, birra che non ubriaca, roccia su cui rimettere le mani per un attimo dopo due anni, nuovi luoghi da chiamare casa, fare pace con un passato ormai lontano, la spiaggia più bella del mondo e non solo perché anni fa ci ho vissuto giorni tra i più belli della mia vita, le acque gelate dell’oceano e del fiume, un matrimonio meraviglioso figlio dell’erasmus e dell’incontro tra le mie due culture adottive e che amo ugualmente ciascuna a suo modo, incontri senza domani, risvegli senza mal di testa, le mie poche parole in arabo per iniziare a guadagnarmi la strada per il deserto, autostop che riesce superfacile o a volte non riesce affatto, cani, gatti e bambini che si fanno adottare dal mio sorriso felice, il vento di levante che spazza via tutto, pantaloni larghissimi e scarpe nuove, la mia libertà.
La ragazza che avevo perso su quella spiaggia due anni e mezzo fa, credevo di averla ritrovata l’inverno scorso, di passaggio lungo questa costa. Ma avevo ancora troppi lividi e ferite e con me uno zaino troppo pesante e troppi pensieri che non mi lasciavano in pace. Oggi non si notano più i lividi e ferite sulle mie gambe abbronzate e non così pulite, anche se sono ancora lì. Lo zaino è ancora pesante, perché ancora non ho imparato del tutto a lasciare a casa le cose che quando sei sulla strada non servono a niente. Eppure un giorno che non so bene, in un punto imprecisato del duemiladiciotto, sono tornata libera o forse divenuta libera e leggera come forse non ero mai stata. Mentre aspetto il blablacar che mi porterà all’aeroporto, con i capelli ancora bagnati del fiume e lo zaino che trabocca, bevo l’ultima caña a un euro e dieci di questo viaggio e so che questo viaggio è stato ancora una volta l’inizio di una nuova vita. Tra quattro settimane sarò (forse per poco, ma vedremo) parzialmente disoccupata e questo è bene, perché ho voglia di riprogettare il mio destino e tutto il resto. Che la mia casa tedesca resti la mia casa, ma che lo zaino mi sia compagno e che nulla mi lasci intrappolare in una vita di ufficio e routine più grigia che mai. Voglio un lavoro che mi permetta di prendere e andare quando voglio, dove voglio. Lasciandomi accompagnare solo da persone che sappiano essere veramente libere. Perché da un po’ di tempo a questa parte mi sono accorta che essere liberi è un’arte che si impara e che va curata ogni giorno. O che ti resta nel sangue anche quando dalla routine ti lasci intrappolare. Perché c’è sempre una via d’uscita, basta restare vivi. Libertà l’ho vista negli occhi di qualcuno che se n’è privato e che a sua volta l’ha vista nei miei, di occhi. Di questo momento, nella metà della notte, un attimo prima di andare a dormire, ne farò tesoro.
“Per questa volta almeno sarò la mia libertà”.
Adiós, hasta luego, hasta pronto, chissà. Magari torno tra una settimana.
Mi hai trasmesso davvero questa sensazione.. in bocca al lupo!
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