Tra tre ore esatte sarà arrivato il momento di lasciare questa casa. Sono passate solo cinque settimane, cinque settimane esatte da quando sono arrivata, la prima notte mi hai insegnato a giocare a poker nel soggiorno fino alle cinque di mattina, mentre io, terrorizzata di disturbare il sonno del temporaneo coinquilino sin dalla prima notte, ti intimavo di fare silenzio. Da quando ti ho portato le fiches che una signora mi ha regalato per te, non abbiamo più giocato.
Sono passate cinque settimane infinite e piene e le mie cose sono sparse ovunque, si sono mischiate con gli utensili e con le spezie in cucina e con il bucato steso ad asciugare in soffitta. Posso portare con me uno zaino soltanto, per ora, perché per ora nella casa nuova dormirò clandestinamente, visto che i padroni di casa ci tengono a farsi prendere in giro. Uno zaino soltanto come se partissi per un piccolo viaggio, d’altronde sono solo cinquecento metri da qui. E cinquecento metri dalla vecchia casa, un triangolo congiunge i tre luoghi che insieme compongono questo rito di passaggio da una vita a un’altra.
Forse se stamattina mi sono svegliata tanto triste è perché questa casa prestata è stata una parentesi che non è esistita veramente. Una settimana fa la vita reale ha bussato violentemente alla mia porta, alla tua porta, e lo ha fatto sotto gli occhi di tutti, il che è molto peggio. Una settimana che non faccio che dover spiegare, spiegare anche se non ho risposte, quando avrei solo voglia di sparire, e un po’ lo faccio. Lo sapevo, lo avevo scritto che il nostro natale, il nostro capodanno era una vacanza sulle nuvole. Ma non voglio iniziare a raccogliere le cose sparse in questa casa, a dire addio al divano e alla cucina, alla cassa di birra tenuta al freddo in soffitta e alle chiavi appese accanto alla porta della cucina, perché è un po’ come riavvolgere il nastro e fare finta che tutto questo non sia mai accaduto.
Se mi fermo a mettere “su carta” queste parole, anche in un momento come questo in cui avrei molto altro da fare, impacchettare, lavare, organizzare, è perché, nonostante tutto, so che in fondo ai pensieri, schivando le lacrime che non riescono mai a uscire, quando domani pomeriggio mi sorprenderà il tramonto dalla mia nuova stanza, quando domani sera sarò in cucina con i miei nuovi coinquilini o con qualche amico che avrò invitato per ammorbidire il salto da una vita all’altra, rileggerò e smentirò ogni amarezza scritta in queste righe, e mi sentirò pronta a ricominciare. Come sempre, è una scommessa. E so che domani mi sentirò meglio, ma in questo momento non so cosa darei per una vita con qualche scommessa in meno, e qualche certezza in più. E per un trasloco che si concluda in meno di due mesi, la prossima volta.