Il viaggio di ritorno, spesso, è come un nastro che si riavvolge.
Solo che oggi c’è un’altra luce, diversa, solo che ora noti tanti dettagli in più, solo che ciò che prima era estraneo oggi è familiare, il molo di Moskenes, i cartelli stradali, i pochi negozi (due, per l’esattezza) lungo la strada, i profili delle montagne e della costa, le barche parcheggiate, ogni curva di quei cinque chilometri che hai percorso mille volte in dodici giorni, in autostop, a piedi, in una macchina presa in prestito e una volta eccezionalmente persino in bus, sotto il diluvio, nella nebbia, nel mezzo buio di mezzanotte, e forse una volta o due anche sotto una parvenza di sole. Continua a leggere