I tedeschi, a quanto pare, lo chiamano Tapetenwechsel. Ovvero, il cambio di scenario, di scenografia o, alla lettera, il cambio di carta da parati. Noi lo chiamiamo, semplicemente, “cambiare aria”. Un mio amico tedesco, che sa che amo le parole particolari come questa, me ne ha fatto dono – della parola, non della carta da parati – mentre qualche giorno fa attraversavo un parco di Roma e gli raccontavo, a distanza, che fare un salto nella mia vecchia vita, dopo un anno di assenza, ci voleva proprio. Continua a leggere
Categoria: Strade di Roma
Arrivi e partenze
Ho aperto la porta, lasciato entrare il gatto che ha smontato pezzo pezzo l’albero di natale. La coinquilina dormiva ma l’abbiamo svegliata ridendo, non ce n’eravamo accorti. Un’amica, la più cara che ho, mi ha dato buca ancora una volta per stanchezza (e il suo anno lavorativo deve ancora cominciare) nonostante un appuntamento preso da settimane, perché questa città la uccide appena ci rimette piede, uccide lei come uccide me per gli svincoli chiusi senza preavviso e per le ansie degli altri che fanno capolino dalle chat di gruppo e dai messaggi dei colleghi in vista di domani e dalle mail che mi ero scordata di leggere. Un’altra amica mi ha cercata con un invito, una mostra e una cena ancora prima del previsto, e ho detto sì anche se avevo un altro mezzo impegno, perché è bello dire di sì agli inviti fatti con slancio da chi sa che tra qualche giorno sarò scivolata via. Il coinquilino nuovo mi ha offerto birre e chiacchiere in cucina con lui e un amico cervello in fuga felice, spaesato e lost in translation come me, ed è andato via verso una cena che dopo due settimane di nutrizione forzata natalizia da parte dei parenti si spera non preveda più di qualche stuzzichino. Continua a leggere
Risveglio
Il viaggio a piedi. Da quando quest’estate ho iniziato con l’autostop, guardo mappe elettroniche e cartacee con lo sguardo sognante di chi vorrebbe riuscire a partire senza prendere più tutti questi aerei. Non è che abbia paura di volare. È che il livello di emissioni prodotto da un volo aereo è tale da vanificare tutti i miei sforzi per vivere in modo sostenibile. E quest’anno, con quelli che sto per prendere, sono a quota dieci voli, tutti internazionali. Senso di colpa alle stelle. E poi, ho sempre paura di perderlo, l’aereo. Soprattutto perché i voli economici che prendo partono quasi sempre all’alba, quando i mezzi pubblici scarseggiano, e se dovesse saltare una corsa del trenino per l’aeroporto non saprei bene come cavarmela. Una volta, a Termini il primo treno in partenza per l’aeroporto era indicato al binario sbagliato, e insieme a molti altri mi sono trovata a salire e aspettare la partenza di un convoglio che non avrebbe lasciato la stazione prima di un’ora, mentre il primo Leonardo Express della giornata lasciava la stazione indisturbato – e probabilmente vuoto – da un altro binario. Miracolosamente ero riuscita ad arrivare all’imbarco del mio volo appena in tempo. Ma da allora non ho smesso di temere i brutti scherzi che il trasporto pubblico romano potrebbe giocarti quando hai un volo di prima mattina.
A bassa voce
Alla cassa del supermercato. Mentre pago, un signore arriva da fuori trafelato e senza dire né buongiorno né buonasera, intima alla cassiera di fare un annuncio all’altoparlante: “ce sta n’idiota che ha parcheggiato da venti minuti una Citroen C1 in doppia fila”. La cassiera, che è sudamericana, fa per ripetere la frase all’altoparlante ma si blocca, “non ho capito l’inizio”, dice. E il signore ripete più forte “ce sta n’idiota, capito, n’idiota, che ha parcheggiato in doppia fila…”. La cassiera vorrebbe annunciare solo marca e modello della macchina incriminata, ma il trafelato proprietario della macchina bloccata questo non lo ripete. La cassiera non fa in tempo a parlare, che da un’altra cassa il proprietario della Citroen, un ragazzo, si fa avanti, dice mi spiace, sto pagando e arrivo. Il ragazzo ha torto, ovviamente, ma fuori trova ad attenderlo una folla inferocita di una dozzina di persone che hanno fatto un capannello e stanno lì pronte a linciarlo. Per quanto mi riguarda, a questo punto sono loro dalla parte del torto, e di gran lunga. Continua a leggere
Il giorno della marmotta
Esco dal lavoro esattamente ventiquattr’ore dopo l’ultima volta che sono uscita da lì, in scooter, e che ho incontrato sul marciapiede lì fuori un ragazzo con la maglia da arrampicata, e io stavo andando in palestra e avevo lo zaino e le scarpette appese fuori. Ci siamo guardati senza salutarci, anche se ci conosciamo.