Per questa volta almeno sarò la mia libertà

No, non farmi andar via. Per la prima volta in due anni non voglio tornare alla mia casa tedesca. Undici giorni in Spagna mi hanno regalato una pelle abbronzata che non ricordavo possibile, tutto il silenzio e la solitudine di cui avevo bisogno, sabbia ovunque, in tutte le scarpe e fin dentro le orecchie, un corso accelerato per “correggere” il mio español mexicano de la calle, un milione di foto, un ballo che avremmo voluto durasse per tutta la notte, birra che non ubriaca, roccia su cui rimettere le mani per un attimo dopo due anni, nuovi luoghi da chiamare casa, fare pace con un passato ormai lontano, la spiaggia più bella del mondo e non solo perché anni fa ci ho vissuto giorni tra i più belli della mia vita, le acque gelate dell’oceano e del fiume, un matrimonio meraviglioso figlio dell’erasmus e dell’incontro tra le mie due culture adottive e che amo ugualmente ciascuna a suo modo, incontri senza domani, risvegli senza mal di testa, le mie poche parole in arabo per iniziare a guadagnarmi la strada per il deserto, autostop che riesce superfacile o a volte non riesce affatto, cani, gatti e bambini che si fanno adottare dal mio sorriso felice, il vento di levante che spazza via tutto, pantaloni larghissimi e scarpe nuove, la mia libertà.

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Il grande salto

Quasi due settimane fa a mezzogiorno ero seduta in mezzo agli ulivi, ricoperta di fango dalla testa ai piedi, con una birra in mano e cose buone da mangiare, in una meritata pausa nel corso di una giornata in cui, con il fantastico couchsurfer che mi ospitava e con la sua ancor più fantastica madre, abbiamo raccolto oltre milleduecento chili di olive da una ventina dei seicento alberi del loro uliveto. Poi li abbiamo portati all’impianto dove le olive vengono pulite e pesate e infine portate nel posto in cui diverranno olio.
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La macchina del tempo

La casa è ancora lì, a metà della valle, con vista sull’alba (tarda) e sul tramonto. Sono ancora cinque i cani, ma due hanno cambiato casa, rimpiazzati da altri con cui non ho fatto in tempo a fare davvero amicizia. Sono ancora lì i cinque gatti, gli stessi di due anni fa, anche se uno di loro, uno dei due che stanotte hanno dormito nel mio letto causandomi un misto di incubi e felicità, ha un tumore che gli cresce su un fianco e che non si può curare.

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Out of office

Mezz’ora prima di uscire dall’ufficio mi prende una frenesia tale che non riesco più a scrivere. Devo ri-imparare come si mette l’out of office su Outlook, è da una vita che non lo faccio, e per di più in tedesco, dove sarà mai nascosto nelle impostazioni?

Accanno a metà l’ultima traduzione, salto in sella alla bici, esco dal cancello dell’ufficio e improvvisamente mi sembra di volare. Era da un anno e mezzo che non prendevo un giorno di ferie. Cioè, ne ho presi cinque in quattro mesi mentre lavoravo nell’ostello in Norvegia l’anno scorso, solo che non avevano il sapore dei giorni di ferie normali, ma quello della disperazione, dato che lavoravo sette giorni su sette, ventiquattr’ore al giorno praticamente, e quello che potreste definire un giorno di ferie era per me semplicemente il primo giorno di riposo dopo più di due mesi di lavoro ininterrotto. Continua a leggere