Elfter Elfter

It’s the 11th of November, or, at least, it’s still the 11th of November in my current time zone, and this means a few things:

    • today marks three years since I moved to Germany, and I hope there will be many more years to come to live a good life in my beloved Münster;
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Le ali

Sulla strada del ritorno il barbecue con le ruote non pesa più, e neanche lo zaino. Neanche sulla salita del ponte. Le ali me le hanno regalate gli amici che questa sera sono venuti a dividere con me l’ultima notte d’estate nel mio posto segreto di fronte al porto, con vista in prima fila sul tramonto.

Che poi chi l’ha detto che è l’ultima, questa notte tiepida in cui spariscono le stampelle, con cautela si dichiarano guarite le ginocchia rotte e si inforcano dopo una vita le biciclette e in cui accanto a noi un gruppo fa la fila per tuffarsi nelle acque del canale?

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I know a beautiful place

Sud del Portogallo, fine marzo, tramonto. Sola in macchina di ritorno da una lunga escursione a piedi tra scogliere, dune e le onde più grandi che abbia mai visto o anche solo immaginato. A fine giornata presentimenti orribili – e, col senno di poi, tutt’altro che infondati – affollano la mia mente. Da diverse ore nell’iPod – sì, ho ancora l’iPod, finché dura – mi fa compagnia l’intera discografia di Lucio Dalla. Continua a leggere

Cemento

Steypa. La parola islandese che vuol dire cemento. Il cemento con cui trenta uomini, nel corso di dodici piovosissimi mesi tra il luglio 1934 e il giugno dell’anno seguente, realizzarono a Djupavík, ai piedi di una cascata sulla costa di Strandir, uno degli angoli più remoti d’Islanda, in cui non arrivava neanche una strada, quello che all’epoca era il più grande edificio di cemento esistente in Islanda e la fabbrica per la lavorazione delle aringhe più moderna d’Europa. Forse fin troppo moderna ed efficiente, e fu forse proprio questo che portò Djupavík a un rapido declino. Nei primi anni qui lavoravano così tanti uomini e donne da rendere necessario l’utilizzo in pianta stabile, come alloggio, persino di una piccola nave, che tuttora giace, completamente arrugginita, proprio davanti alla fabbrica. Ma nell’arco di un decennio le aringhe nei mari di Strandir divennero sempre meno numerose e nel 1954 la fabbrica, dopo alcuni tentativi di riconversione, chiuse i battenti.
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